L’arte del partire e del lasciarsi qualcosa alle spalle,non che sia facile, non lo è mai.
Affronto di petto le nuove avventure e questa con un’emozione del tutto particolare. Non è semplicemente qualcosa di nuovo, ma il sogno, quello con la S grande, maiuscola e in grassetto. Un filo sempre rimane con le persone più care, per quanto lontani, mentre tenti di preservare nella memoria la loro consistenza tra le tue braccia. E un po’ di dispiacere, gioia tantissima, tanti pensieri: cosa farò, come sarà.
3 mesi sono un tempo discretamente lungo, 90 giorni dall’altra parte del mondo e la possibilità finalmente di vivere il Giappone.
La preparazione per questo momento è stata lunga, ma la strada è la determinazione sempre dritte.
Sono affetta al momento da ubriachezza da emozioni. Ma sono pronta all’avventura!.
Al gate di Heathrow siamo già in netta minoranza noi europei, ecco le prime tracce di giapponesità
Dall’aereo osservo il sole calare e poi risorgere,in due ore è tutto fatto e il tempo così si distorce, attraversare i fusi e vedere il tramonto e l’alba senza passare per un’intera giornata è qualcosa di straniante e suggestivo.
Scopro in aereo che il tè verde freddo è imbevibile, ma che quello caldo, sempre forte e piatto sulla lingua,è buono perché si addolcisce: due facce di una stessa medaglia.
Ho poi la conferma di un’altra cosa, non è vero che siamo l’unico popolo che gesticola, anche i giapponesi (o quantomeno le hostess) lo fanno continuamente: solo che al posto delle mani usano la testa.
Hanno tutto un corredo di piegamenti, inclinazioni, angoli e aperture di palpebre che fa invidia al nostro menar le mani per l’aria. Di certo è più aggraziato, ma comunque molto espressivo.
Sempre per rimanere in tema di hostess:
hanno accuratamente e con grande devozione alla causa, evitato (ma neanche per sbaglio eh) di parlarci in giapponese, la signorina che serviva i pasti arrivata a noi si eclissava e si manifestava al suo posto la hostess spagnola che ci parlava in italiano (ma io voglio parlare giapponese ç_ç ).
hanno accuratamente e con grande devozione alla causa, evitato (ma neanche per sbaglio eh) di parlarci in giapponese, la signorina che serviva i pasti arrivata a noi si eclissava e si manifestava al suo posto la hostess spagnola che ci parlava in italiano (ma io voglio parlare giapponese ç_ç ).
Primo momento di panico quando ci rifilano il modulo per gli stranieri da compilare completamente scritto in giapponese, fitto di kanji non pervenuti, io e Isabella ci guardiamo: e mo sto coso come lo compiliamo? (Grazie per la fiducia signorina hostess, che con una sola occhiata hai intuito il nostro altissimo livello di giapponese).
L hostess si ripresenta con lo stesso foglio ma in inglese e ce lo cambia ( ah ecco mi pareva).
Sulla JAL non manca il cibo (tutto buonissimo), così ho modo di assaggiare il primo カレーライス (curry raisu) della mia vita, che emozione!
Secondo momento di panico una volta atterrate al controllo passaporti, Isa porta tutti i vari fogli e foglietti che ci hanno fatto compilare e al tizio mascherato che li controlla qualcosa non va bene, intervengo parlando in giapponese (perché con l’inglese lo zorro nipponico nun gliela fa), e quello mi guarda come se gli avessi tolto un peso da sopra la testa e parte a razzo bofonchiando in giapponese da dietro la sua mascherina: eh?
Sta di fatto che ci relegano in una sala, tipo terroristi, chiedendoci documenti vari. Per fortuna alla fine si sono convinti che sì, stavamo veramente andando a studiare e non a fare altro per tre mesi e ci rilasciano.
A questo punto dell’odissea ci sta una parentesi.
Cose che assolutamente non sapevo:
-i bagni dell’aeroporto fanno la musichetta quando fai la pipì (per coprire il rumore immagino)
-i telefoni pubblici sono delle cose stupende, pulitissimi, funzionano una meraviglia ma soprattutto (per
noi abituate ai livelli galattici di ciulaggio italiano) restituiscono le monete che non usi e le chiamate costano niente.
noi abituate ai livelli galattici di ciulaggio italiano) restituiscono le monete che non usi e le chiamate costano niente.
Riusciamo anche a non perderci nei vari cambi di mezzi di trasporto (è tutto organizzatissimo, puntualissimo, e ci sono omini/omine per qualsiasi mansione), fin qui comunque ho capito che con le indicazioni/informazioni me la cavo alla grande, molto spesso di una conversazione in media velocità capisco però solo una parola su dieci. Ma abbiamo deciso che il motto del soggiorno è: SIAMO QUI PER IMPARARE (così per consolarci ecco).
Parentesi bis.
Cose meravigliose:
-ho la tavoletta riscaldata, che con i 40 gradi che ci sono non serve a una cippa ma non importa, perché
cioè ho la tavoletta RISCALDATA
cioè ho la tavoletta RISCALDATA
-ho il posascarpe all’ingresso
-tutte le porte, compresa quella dell’armadio, sono porte scorrevoli giapponesi rivestite di carta.
-legge fisica del Giappone: se c’è un angolo di strada ci sarà anche un 自動販売機 (un distributore automatico) anche sotto casa nostra, che si trova in un buco di via, ce n’è uno
Sistemate un attimo le valigie, partiamo per un tour dei コンビニ (konbini) della zona
E allora introduciamo un: cose meravigliose parte seconda.
-ma dove vai se il trucco di Lady Oscar non ce l’hai? Un intero scaffale ovviamente, nel konbini vicino casa.
Poi ci dedichiamo alla ricerca di un posto dove mangiare, alla fine ci facciamo coraggio e entriamo in un ristorante, tutti i clienti giustamente sono maschi e ci guardano come se fosse atterrato loro in braccio E.T in persona, ma i proprietari sono gentili e non si scompongono più di tanto. Ho mangiato dei buonissimi gyoza (ravioli
giapponesi) quindi ristorantino promosso.
giapponesi) quindi ristorantino promosso.
Rientrate a casa abbiamo un incontro del terzo tipo, uno scarafaggio gigante che zampetta allegramente
nella nostra cucina, scopriamo così che nonostante le case siano pulitissime il clima umido è l’ambiente ideale per sti mostri. Così alle 11 di sera prendiamo e andiamo al konbini nella speranza di trovare qualche arma letale.
nella nostra cucina, scopriamo così che nonostante le case siano pulitissime il clima umido è l’ambiente ideale per sti mostri. Così alle 11 di sera prendiamo e andiamo al konbini nella speranza di trovare qualche arma letale.
Comunque Solo i giapponesi possono ideare delle trappole per scarafaggi a forma di casetta, con tanto di finestrelle e tappetini all’entrata con sopra disegnato lo scarafaggio che si pulisce le zampette.
Da questa Tokyo che mi pare fantastica per ora è tutto, vi saluto perché ho bisogno di una bella dormita dopo 17 ore totali di viaggio il letto sembra la cosa più bella del mondo.