~ itinerario di una settimana: day 2 ~
Raccolta tra le montagne della Regione di Hida è Takayama, che forse ha perso il conto degli anni che passano, dei secoli addirittura, il numero preciso alla fine se l’è scordato e così per dimenticanza o forse sbadataggine è finita che le sue strade hanno conservato tutta la bellezza del
Periodo Edo.
Periodo Edo.
La sobria eleganza di legno della città vecchia che parla di un Giappone dal sapore antico, di mercanti e di un’epoca di shogun.
E racconta storie vecchie di un mondo che è anche di contadini e delle loro case dai tetti di paglia appuntiti.
E racconta storie vecchie di un mondo che è anche di contadini e delle loro case dai tetti di paglia appuntiti.
E’ che Takayama è un mondo di fiaba e la sua storia che inizia con un “c’era una volta … nell’epoca Edo” mi è rimasta nel cuore …
Secondo giorno di viaggio, nuovo treno e nuova destinazione. Takayama, forse meno nota tra le grandi destinazione turistiche giapponesi, è perfetta per chi ha voglia di trangugiare un assaggio di Giappone rurale e respirare atmosfere di un’altra epoca.
A Takayama si trova infatti il meraviglioso 飛騨の里 / Hida no Sato, museo all’aperto che contiene oltre 30 case tradizionali nello stile della Regione di Hida risalenti al periodo Edo.
Così tra le colline di Takayama, in un percorso che si snoda tra ghiaia e alberi, si fa posto la casa del capo villaggio, poi un magazzino, un tempio, una risaia e le bellissime abitazioni chiamate gassho-zukuri, letteralmente “mani giunte in preghiera”, per via della forma dei loro tetti appuntiti.
(eccomi che, con scarsi risultati, tento di usare questo antico arnese giapponese, per la serie: non facciamo mancare nulla. Due secondi dopo che la foto è stata scattata sono cascata di lato, mentre il bimbo giapponese dietro di me mostra decisamente più talento)
(questo tipo di campane sono chiamate Bonsho/Campane buddhiste o Tsurigane/Campane appese, sono prive di batacchio e il suono viene prodotto colpendo esternamente la campana)
(sono bachi da seta e sì, li ho toccati, per la serie: non facciamo mancare niente bis… sono lisci e morbidi proprio come la seta che producono)
A camminare indietro nel tempo si finisce poi al Takayama Jinjya, ex sede dei governatori di Takayama che per via delle sue risorse in legname nel 1692 fu posta sotto il controllo diretto dello shogunato, governata da ufficiali inviati da Edo (il nome antico di Tokyo).
Anche qua le scarpe scivolano via, la pianta dei piedi sente il legno liscio e duro, in quello che è diventato ormai uno dei miei rituali preferiti. Togliersi le scarpe, proprio come faccio a casa, si è tramutato in un gesto familiare che mi avvicina all’edificio, che non è più solo legno, pietra o tegole ma è storia e tutte le persone che
lo hanno abitato.
lo hanno abitato.
Il Takayama Jinjya è un intricato accavvallarsi di stanze e corridoi, tatami e doppie porte in carta sottile che si intrecciano e si snodano. E se da fuori cela bene questo suo aspetto meravigliosamente confusionario, ingannando il visitatore, dentro per me è tutto un osservare e stupirsi.
Il piacere di scoprirlo come non me lo ero aspettato, lo posiziona tra i ricordi più belli.
(all’entrata del Takayama Jinjya, sul cartello c’è scritto: “Takayama Jinjya, Heisei 26. 8. 11 ” ovvero 8 Agosto 26°anno Heisei. Heisei è il nome del periodo in cui si è ora in Giappone. Il periodo Heisei è iniziato nel 1989 con l’ascesa al trono di Akihito, l’attuale imperatore giapponese ed tutt’ora in corso. Il periodo di regno dell’imperatore viene dunque utilizzato come metodo alternativo per indicare le date )
Appena fuori dal Takayama Jinjya c’è un piccolo mercato di contadini e artigiani locali.
Una vecchina giapponese alta neanche un metro e cinquanta, ricoperta di strati colorati di indumenti, si affaccenda dietro casse di invitanti pesche giapponesi, rosse e gialle e con quella loro forma caratteristica di tondo che si chiude a goccia.
Una vecchina giapponese alta neanche un metro e cinquanta, ricoperta di strati colorati di indumenti, si affaccenda dietro casse di invitanti pesche giapponesi, rosse e gialle e con quella loro forma caratteristica di tondo che si chiude a goccia.
Chiedo una pesca, lascio le mie monete, la signora intuendo il desiderio di mangiarla immediatamente prende a togliere piano piano la buccia con un coltello, poi la sciacqua e me la porge in una sottile plastica in modo che il succo non lasci appiccicose le mani, accade così che addento il mio primo dolcissimo morso di 桃 /momo.
(la frutta in Giappone ha un certo costo, una pesca viene venduta a Tokyo in media per circa 600 yen, più di 4 euro. Queste pesche costano invece 100, 200 o 250 yen l’una a seconda della grandezza. Visto il prezzo basso, considerando che le pesche sono uno dei miei frutti preferiti, non ho esitato un secondo a comprarmene una. La zona di Takayama poi, tra le altre cose, è famosa anche per le pesche)
(è stata avvistata una Stefania felice. La pesca era dolcissima e succosa, una delle più buone che io abbia mai mangiato in tutta la mia vita. Bisogna infatti tener conto che in Giappone, sì i prezzi sono alti, ma la frutta è altamente selezionata, dall’aspetto magnifico, senza l’ombra di un’ammaccatura o imperfezione e dal sapore delizioso. In Giappone la frutta viene usata anche come regalo ed esistono addirittura dei cesti-regalo di frutta bionica baciata dalla perfezione divina che costano diverse centinaia di euro)
Ci addentriamo ora nel quartiere di Sanmachi, vero cuore antico di Takayama. Un succedersi di vecchi negozi di mercanti, case d’epoca, café e distillerie di sake risalenti al periodo Edo.
Piccole strade circondate di legno scuro che forma linee squadrate nelle tante finestre e porte dei locali.
Ed è questa, a tratti delicata a tratti rigida, la grazia del Giappone di un tempo, che non ha bisogno di fronzoli o esagerazioni.
(un carinissimo ristorante di soba e udon come indicato dalle scritte sul 暖簾 / noren, la caretteristica tendina all’entrata dei ristoranti giapponesi)
(le rive del Miyagawa, fiume che attraversa Takayama)
(secondo una tradizione locale gli edifici del quartiere Sanmachi sono di colore nero perché i proprietari volevano nascondere il fatto di averli costruiti con legno pregiato, come cipresso e cedro, all’epoca vietati per uso privato. Per evitare di attirare l’attenzione degli ispettori governativi, che avrebbe ordinato l’abbattimento dell’edificio, il legno veniva colorato con la fuliggine)
(il sake è una delle specialità di Takayama. Le distillerie di sake si riconosco grazie ai sugidama, sfere fatte di rami di cedro, che vengono appese all’entrata del negozio)
(un negozio interamente a tema coniglietti. Si tratta dei Takayama Ubobo, gli ubobo letteralmente coniglietti/cuccioli di coniglio, sono piccoli pupazzi-amuleto di buon augurio e senza volto. E in alto a sinistra maneki neko in versione coniglio, curioso vero?)
(tramonto sulle rive del Miyagawa, una coppia giapponese si è ricavata il suo angolino di intimità, scambiandosi qualche parola e molti sorrisi)
(un muro per i visitatori, a disposizione dei passanti ci sono pennarelli di vari colori. Ho disegnato una nuvoletta con cuoricino annesso con scritto イタリア/ Italia, e ステ/ Ste di Stefania … riuscite a trovarli??)
Giunta la sera cerchiamo un posto in cui mangiare. Takayama è anche casa di imperdibili specialità culinarie tra cui il pregiato Hida gyu/ manzo di Hida che io scherzosamente chiamo “carne di mucchina massaggiata” (leggenda narra che le mucche in questione per avere una carne così buona, non solo vengano nutrite e trattate al meglio, ma vengano anche letteralmente massaggiate)
( nel cartello in rosso 厨房ギャラリー / Kitchen gallery , 調理風景ご覧ください/ guardate la preparazione del cibo per favore. In molto
ristoranti di Takayama sono così orgogliosi dei loro piatti tradizionali da avere queste piccole finestre che dalla strada danno direttamente sulla cucina, in modo da poter ammirare i cuochi all’opera)
ristoranti di Takayama sono così orgogliosi dei loro piatti tradizionali da avere queste piccole finestre che dalla strada danno direttamente sulla cucina, in modo da poter ammirare i cuochi all’opera)
(il まんぷく亭/ Manpukutei è il ristorante in cui abbiamo mangiato. Forse all’apparenza un pò ruvido e poco attraente, ma gestito da una
deliziosa coppia di vecchietti giapponesi, frequentato da locali, con piatti tradizionali eccezionali, tra cui diverse preparazioni di manzo di Hida a prezzi non troppo alti. Assolutamente approvato!!)
deliziosa coppia di vecchietti giapponesi, frequentato da locali, con piatti tradizionali eccezionali, tra cui diverse preparazioni di manzo di Hida a prezzi non troppo alti. Assolutamente approvato!!)
(parte del set che ho ordinato: gohan, insalata, tofu fresco, zuppa di miso e tsukemono/sottaceti giapponesi)
(ed ecco il piatto forte: hida gyu cotto alla hoba miso, ovvero grigliato con del miso sopra una foglia di magnolia. E’ un tipo di cottura caratteristico di Takayama davvero delizioso)
Dopo la cena meravigliosa torniamo in hotel. Questa volta niente ostelli per noi, per rispettare appieno l’atmosfera di Takayama abbiamo prenotato una stanza in un ryokan, un albergo tradizionale giapponese.
La camera è enorme, in legno, con porte scorrevoli massicce e intagliate, dipinto sul muro un sakura in fiore e per me è amore a prima vista.
(la zona futon della nostra stanza. Il Ryokan si chiama Rickshaw Inn e permette un’esperienza tradizionale a prezzi contenuti)
(eccoci in yukata da camera. Ogni buon ryokan offre sempre agli ospiti alcuni yukata da indossare in camera)
CONSIGLIO FINALE: se avete tempo di fermarvi un giorno in più prendete uno dei tanti bus che partono dalla stazione di Takayama e andate a visitare Shirakawa-go, antico villaggio patrimonio dell’unesco in cui le case sono costruite nello stile gassho-zukuri
Per scoprire di più sull‘itinerario di una settimana in giro per il Giappone ☆*:. o(≧ ▽ ≦)o .:*☆
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