~ itinerario di 1 settimana in Ungheria: day 2 ~
Budapest è una città raccolta, a misura d’uomo.
Ho pensato, studiandone la mappa, di attraversarla ed esplorarla a piedi, per starle più vicina, per conoscerla meglio, un tour sulle mie gambe per sentire i muscoli un po’ indolenziti e la soddisfazione fisica e totalmente concreta che solo il visitare una città riesce a darti.
Camminare, deviare, fermarsi, salire, scendere, toccare, provare, una Budapest assaggiata nel profondo delle sue vie, talvolta lunghissime, talvolta no, talvolta deserte, talvolta assurdamente stipate, osservata passo passo, scoprendo i miei scorci preferiti, alcuni localini meravigliosi e perfetti per una colazione golosa o una merenda rilassante, annotando i colori del Danubio che blu lo è per davvero, dei tram gialli, dei ponti verdi, del rosso dei peperoncini di paprika, che spuntano appesi senza preavviso negli angoli di qualche negozio…
La sera prima, proprio girovagando tra le viuzze adiacenti il Gozsdu Udvar, avevo adocchiato il Mozaik, e incuriosita mi ero avvicinata alle vetrine buie per sbirciare all’interno, intravedendo una teca per le torte e l’atmosfera dolce e accogliente di una bakery inglese.
Oggi si aggiudica quindi il ruolo di prima tappa della giornata, varco la soglia e so già che il perdersi, che il curiosare anche oltre i vetri dei locali chiusi, qui mi darà grandi premi.
L’intuito non mi ha decisamente tradita, i piatti saranno anche da bakery inglese ma il tocco è tutto ungherese: soffitti di cemento vivo e ruvido, muri color pastello lilla e verde acqua, mosaici frammentati, che sulle pareti si mescolano a dipinti bianchi di tè e torte.
Vi consiglio la loro carrot cake, da abbinare al tè turco alla mela (amanti dei tè prendete nota, perché è una miscela favolosa!!)
Dal Mozaik (18 Kiraly Utca) potete facilmente prendere la metro 1 da Deak Ferenc Ter e scendere a Hosok Tere, la Piazza degli eroi.
La metro è antica, ha le stazioni piccole, in legno, il cielo che mi accoglie fuori è di un celeste sgargiante: in Ungheria in questi giorni c’è un caldo assurdo.
E’ lo sfondo perfetto per ammirare il Monumento del Millenario, in una delle piazze più importanti dell’intera Budapest e forse Ungheria.
“Alla memoria degli eroi che diedero la vita per la libertà del loro popolo e della loro indipendenza nazionale” riporta questo luogo ricco di elementi storici e politici, simbolo dell’unità del Paese e memoria di coloro che fondarono e resero grande l’Ungheria.
Giusto dietro Hosok Tere potrete scorgere il Parco Varosliget, un’area verde e tranquilla davvero carina da esplorare.
Al suo interno, costruito su un’isoletta al centro di un lago artificiale, troverete il Castello Vajdahunyad che si specchia nell’acqua torbida, mura di pietre bianche e arancio e tetti di maioliche arcobaleno. Un castello delle fiabe catapultato in un ambiente che è a metà tra l’urbano e la foresta incantata.
Pagando 100huf/30cent potete anche salire su una delle torri della rimanente cinta muraria.
Lasciato il Parco Varosliget imbocco la lunghissima Andrassy Utca, la cui parte iniziale (quella che parte da Hosok Tere) è un susseguirsi di ville, edifici dalle linee armoniose, ristoranti di lusso e ambasciate.
Si tratta di una delle strade più grandi, sia in lunghezza che in larghezza, del centro città e lungo il percorso ci si imbatte in diversi punti di interesse.
La prima piazza importante è Kodaly Korond, un immenso crocevia circondato da alcuni antichi palazzi dipinti e decorati di arabeschi leggermente smussati dal tempo.
Proseguendo ci si ritroverà davanti a Terror Haza, il museo casa del terrore situato nell’edificio che un tempo fu quartier generale della polizia politica prima nazista e poi comunista.
All’interno dispiegata la storia dell’Ungheria sfregiata dall’occupazione nazista e sovietica e del popolo magiaro, che nella resistenza a questi due regimi ha dimostrato la propria indole.
Un consiglio: attraversate anche la strada, in questo modo potrete vedere la scritta terror riflettersi dritta sulla superficie del palazzo.
Subito dopo Terror Haza, Andrassy Utca si apre su Oktogon, una piazza ottagonale come suggerisce il nome stesso, in cui mi fermo per entrare da Starbucks e bere il Pumpkin Spice Latte di rito (se mi trovo all’estero in autunno non può mai mancare). Mi diverto anche con una foto decisamente degna di tumblr: bicchiere di Starbucks alzato e sullo sfondo una scritta in ungherese e inglese in un font molto minimal dalle tinte neutre: “Marked by a love for the bean“.
La piazza che però più mi colpisce, tra quelle incontrate in Andrassy Utca, è Liszt Ferenc Ter.
Una piazza-giardino avvolta dalle fronde degli alberi e da aiuole di fiori rossi, circondata da bistrot colorati, in cui incontro un anziano signore che suona il pianoforte proprio davanti alla statua del famoso compositore Liszt.
Poco più in là potete scorgere il palazzo dell’Opera, anche se probabilmente (come la sottoscritta) non siete interessati ad assistere ad alcuno spettacolo, salite lo stesso i gradini bianchi e date una sbirciatina alla magnifica entrata. I muri interni sono completamente ricoperti da disegni geometrici bianchi e neri, marmi, decorazioni dorate e bombate.
Con una piccola deviazione, dopo essere giunta alla fine di Andrassy Utca, mi ritrovo davanti la Szent Iztvan Bazilika, la chiesa più importante della città, dedicata a Stefano I di Ungheria (primo re ungherese, ma anche fondatore dello stato e della chiesa ungheresi).
Pagando si può entrare nella chiesa e salire in cima alla grande cupola, decido però di camminare oltre: oggi ci sono così tanti posti che voglio vedere che probabilmente i piedi mi fumeranno a fine giornata
Prima di avviarmi verso Vorosmarty Ter, faccio una piccola pausa all’ombra degli alberi di
Erzsebet Ter, dove adocchio il chiosco di legno di Toltott Kurtos, specialità: kürtőskalács, un dolce tipico ungherese conosciuto anche con il nome di torta a camino a causa della sua forma conica.
Paste ricoperte di zucchero ripiene di gelato, panna, cioccolato, tantissimi toppings ma anche salate… insomma assolutamente da non perdere!
Imbocco ora Vorosmarty Ter, la grande piazza racchiusa da un lato dal moderno centro commerciale in vetro e metallo e dall’altro dall’elegante e antico palazzo di Gerbeaud.
C’è da perdersi qui tra caffè e pasticcerie ma per ora proseguo in Vaci Utca, sono quasi le 13.30 e sogno di mangiare langos all’interno del mercato coperto (che si trova al fondo di Vaci Utca) fin da quando ho cominciato a programmare il viaggio.
Vaci Utca è una via colorata, piena di dettagli simpatici e buffi, dettagli che stonano, in quella abitudine che sto scoprendo tutta ungherese di incorporare nel normale, nel quotidiano il casuale, piccoli oggetti o scritte che fanno sorridere.
C’è il gatto bianco che, nella vetrina della latteria Cserpes Tejvo (dove troverete buonissimi cappuccini, milkshake, girelle al cioccolato,), beve con una cannuccia da una bottiglia di latte, circondato da cartelli per le indicazioni stradali, nuvolette, il sole, una mucca, un albero.
C’è il ristorante con le colonne che sono un incastro a mosaico e dal cui soffitto volteggiano lanterne di carta multicolor.
Ce n’è un altro la cui porta è a forma di bocca di squalo e nel cui patio sono appesi tanti piccoli ombrellini da pioggia.
Ed un negozio di souvenir che ha riempito lo stand degli occhiali di mazzi di peperoncini e che esibisce in vetrina un arcolaio ricoperto di fiori.
E poi in mezzo a tutto ciò, ci sono Bershka, Zara, Stradivarius, le grandi marche della moda, taverne per turisti dall’aria più neutra che riescono, per una combinazione di ambiente e via vai di persone, ad avere tutto sommato un aspetto caloroso.
l Nagy Vasarcsarnok (beh avrete capito ormai che agli ungheresi piacciono le consonanti), ovvero il Mercato Coperto di Budapest, anche detto Grande Mercato Centrale, sicuramente non spiccherà per la musicalità del proprio nome ma è senza dubbio uno dei luoghi più affascinanti della città e forse anche più tipicamente ungheresi.
Un covo di cultura magiara, sapori e odori tradizionali, a partire dalla facciata neogotica con i mattoncini arancioni e le maioliche colorate, fino agli interni tinti di ombre e luci, un grande senso di respiro e bellezza, tutti stupendamente liberty.
Il mercato possiede un corpo di metallo che si apre su vetrate luminose e lunghi passaggi sospesi che lo percorrono da una parte all’altra. Un cuore che è fatto di peperoncini e cespi d’aglio appesi a ghirlanda, lunghe file di salami a riempire ogni spazietto delle macellerie, sottaceti, palinka ma anche tokaj.
E paprika, soprattutto paprika, secca, sottolio, ripiena, in ogni sfumatura di rosso e bordeaux, ingrediente immancabile di molti piatti della cucina ungherese.
Il primo piano del mercato, quello sospeso in mezzo alla luce che filtra, quasi un mondo parallelo di corridoio stretti da balaustre ricciute, vociare incessante e strusciare di corpi, è diventato nel corso degli anni il paradiso del souvenir: pizzi ungheresi, bamboline, pellame e tante tantissime cianfrusaglie di ogni tipo.
Un angolino però ha preservato la propria anima tradizionale, quello dei chioschetti di cibo di strada, tanto microscopici quanto affollati, tavolini traballanti pieni di briciole e letteralmente quattro sgabellini ancora più malmessi. Nelle teche salsicce, carne arrosto, cavolo ripieno e il famosissimo langos, una piccola pizza fritta ungherese la cui farcitura tipica sono panna acida e formaggio.
Io presa dall’ispirazione del momento ci aggiungo anche il pollo speziato ed è semplicemente favoloso!!
Direi che non è affatto un caso se il chioscetto del Nagy Vasarcsarnok è considerato una vera e propria istituzione in zona (lasciatevi guidare dalla grande scritta bianca e rossa langos, e lo individuerete subito).
Uscita dal Mercato, proseguo il mio itinerario a piedi attraversando il Ponte della libertà (il bellissimo ponte verde sormontato dai turul, uccelli della mitologia ungherese, che potete vedere nell’immagine di apertura del post). Da qui si ha una visuale magnifica sia del fiume che degli altri ponti che lo attraversano, poco distante l’attracco delle enormi chiatte con le quali è possibile fare una crociera sul Danubio.
Sulla sponda opposta, quella di Buda, il cuore antico della città, mi ritrovo subito ai piedi della Collina Gellert, a destra le famose terme omonime in stile liberty, a sinistra la bizzarra chiesa nella roccia e dritta di fronte a me la strada che si inerpica su per la collina. In cima la Cittadella edificata dagli Asburgo, punto panoramico perfetto, e il Monumento alla Libertà.
Scelgo di visitare la Chiesa nella Roccia, quantomeno per la sua particolarità mi sembra qualcosa di davvero imperdibile.
Ed unica, ho modo di scoprire, lo è davvero. Così 750huf e un’audioguida inclusa più in là, mi ritrovo dentro la chiesa più bizzarra che io abbia mai visto. Una grotta vera e propria, dalle pareti brune arcuate e rugose dentro cui alcuni monaci hanno ricavato uno spazio di preghiera. Anche le spiegazioni dell’audioguida sono interessanti, alcuni svarioni religiosi lunghissimi a tema sacro cuore di Gesù a parte. La notizia che più mi colpisce è la natura della grotta stessa, scavata dalle acque termali e il fatto che al suo interno proprio grazie a quelle stesse acque ci sia costantemente (anche in inverno) una temperatura di 18°.
Conclusa la visita ritorno sui miei passi, mi concedo più tempo per esplorare Vaci Utca, per assimilarne i dettagli, lo scorrere, il modo di essere, e fermarmi a sbirciare al di là delle vetrine delle pasticcerie di Vorosmarty Ter.
E’ ora di merenda e le fette di torta esposte mi fanno gli occhioni dolci.
Ci sarebbe la famosissima Gerbeaud, una delle più lussuose caffetterie di Budapest, che guarda in giù sulla piazza con la sua facciata linda e imponente, gli interni ricchi di marmi, bronzi, legni esotici e stucchi in stile rococò, ma io oggi sono per il semplice, per l’aria pulita e il cielo limpido di questa giornata di sole e osservo incantata il piccolo patio della Szamos Cukraszda, giusto dall’altro lato della piazza, impaziente di addentrarmi nei meandri dell’arte pasticcera ungherese.
Per me una fetta di Dobos Torta (eh sì, torta si dice torta in ungherese, il linguaggio dello stomaco è universale gente) e una di Mandula Torta, due dei dolci ungheresi più tipici che accompagno con un bicchiere di limonata ai frutti di bosco (perché a quanto pare qua in Ungheria la limonata va per la maggiore e io che non l’ho mai bevuta sono davvero curiosa di assaggiarla).
Dopo la merenda la mia maratona brucia scarpe continua, miro dritto al lungo Danubio, vago e mi concedo una prospettiva della città ancora inesplorata, quella parte di Budapest che si sporge sull’acqua.
Passo dopo passo, tra piccoli bar vista fiume e tram gialli che sferragliano, scorgo i grandi leoni di pietra del Széchenyi Lánchíd, il Ponte delle Catene , il primo ponte permanente sul Danubio in Ungheria e simbolo (al momento della sua costruzione nel 1849) del progresso di Budapest.
Eppure il Grande Fiume Blu non è solo portatore dell’anima di questa città divisa tra due sponde, è il custode delle sue storie, osservatore sempre presente.
Budapest (e anche l’Ungheria in generale), come ho già detto nel primo post, è un luogo pieno di storia, molto più di quanto si possa immaginare. Dinastie, re, santi, battaglie, guerre mondiali e regimi totalitari, l’Ungheria li ha avuti tutti. E la grandissima comunità ebraica che la abita non ne è stata esente.
60 paia di scarpe.
60 vite.
Un memoriale tanto piccolo quanto potente, che si perde tra l’immensità del fiume antistante e la grandezza dei palazzi retrostanti, ricordo delle esecuzioni che su quello stesso fiume venivano compiute in periodo nazista.
Le scarpe sulla riva del Danubio, le raggiungo mentre il sole cala e Budapest mette su vesti ambrate, il bronzo scuro delle scarpe si tinge di arancio, lilla e rosa, tra fiori un po’ appassiti, bigliettini sgualciti e slavati, fili di collane e girandole.
Pochi passi più in là anche il Parlamento pian piano si è vestito dei riflessi del sole, e se da lontano pare bianco ora tra le sue finestre e colonne cova colori caldi: giallo, ocra, oro.
L’edificio più bello di Budapest nell’ora più bella che questa città ha da offrire.
Il tramonto ungherese, qui sul Danubio, ha i colori morbidi e delicati di un abbraccio donato, non dovuto, a me che sono solo una visitatrice, incantata, innamorata, ma pur sempre di passaggio.
Rimango lì ferma per un po’, stretta tra quelle braccia di cielo e acqua, a guardare l’arancio sciogliersi nel viola e nel blu della notte, sullo sfondo l’antica Buda e la collina del castello.
Se ancora non fosse chiaro abbastanza, questa sì che è un’attività che vi consiglio davvero.
Alle volte stare fermi e prendersi il proprio tempo è davvero la migliore delle cose.
Mi addentro a questo punto fuori dai percorsi turistici, prima nelle stradine dietro il Parlamento poi più in là, all’interno di un quartiere elegante, priva di un’idea precisa di dove mi trovi realmente.
E’ così che incappo per caso nella curiosa statua sul ponte di Imre Nagy, primo ministro ed eroe nazionale ungherese.
Devio allora verso l’ultima meta della giornata, nel cuore del quartiere ebraico a caccia di Ruin Pub, locali così sorprendenti e strambi che solo una città come Budapest avrebbe potuto metterli al mondo.
Prima è però indispensabile una sosta cena d’asporto, è da ieri sera che penso di dover assaggiare hummus, falafel e pita in onore della cultura (e della cucina) ebraica che permea nelle radici la capitale ungherese (in sostanza un panino ripieno in stile kebab ma completamente veggie e speziato).
Che dire, ho scoperto un nuovo amore culinario: vado letteralmente pazza per l’hummus.
Grazie Olive Tree Hummus Original (Wesseleny Utca 30) per avermi condotto sulla retta via.
Nel corso della stessa sera (nonostante abbia i piedi che ormai gridano: risparmiaci, pietà) visito ben due Ruin Pub. Di che cosa si tratta?
I pub in rovina sono una creazione tutta ungherese, posati negli interni malridotti di palazzi in apparenza diroccati e abbandonati.
Entrarci, bere qualcosa, fermarsi ad ascoltare la musica o anche solo curiosare in giro è tutto lasciato alla vostra scelta, niente regole o etichetta in questi pub del sottosopra, il gioco sta nell’individuare più stranezze possibili nell’intrico di cunicoli, scale e sale da cui sono composti.
Il primo, l’Istant, mi accoglie con un arcobaleno di conigli volanti sopra la testa, si dispiega su due piani, tra stanze e stanzette, il palco sormontato da un enorme gufo che per qualche motivo ha le tette.
Il secondo, lo Szimpla Kert. forse non ha bisogno nemmeno di presentazioni, è il ruin pub più famoso di tutta Budapest ed è il vero re dell’accozzaglia.
Una stanza è ricolma di cavi e fili a led, ovunque appesi vecchi computer, stereo e macchine da scrivere. Dal soffitto penzola di tutto, qualsiasi oggetto strano o rotto è finito qui a guardarmi dall’alto. All’entrata un lama verde fluo con gli occhi a palla e sul muro una sirena con la coda fatta di tappi di birra. Un cartello dell’attraversamento pedonale in cui l’omino è un ubriaco con in mano una bottiglia, ma anche piante, biciclette e tricicli. I muri completamente scrostati hanno sostituito l’intonaco con i graffiti.
E’ bello? Forse bello, nel senso puro della parola, è qualcos’altro, lo Szimpla Kert non si identifica decisamente come tale.
Eppure alla gente sembra non importare molto, per il semplice fatto che questo posto ha atmosfera da vendere, un atteggiamento di totale menefreghismo verso la cura di se e una tale straordinaria dose di assurdità da fartelo amare.
La verità è che a me piace l’accozzaglia, piace il caos, il caso (pur essendo io una persona piuttosto ordinata), è il fascino dell’orrido e del troppo, da cui ammetto di essere gravemente affetta.
Sei mai stato a Budapest? Cosa ne pensi di questo tour a piedi?
Raccontami la tua esperienza nei commenti 🙂
Trovi qui il resto dell’itinerario di 1 settimana in Ungheria
→ day 1 ~ Magica Budapest notturna: dove trovare i migliori ristoranti e locali
「「 Se questo post ti è piaciuto puoi trovarmi anche su
★ YOUTUBE
★ INSTAGRAM 」」
Ci vediamo alla Prossima Fermata ⊂(。・ω・。)⊃
9 Febbraio 2018
Budapest l’ho vissuta a dicembre e vederla in queste tue foto così verde e viva mi ha trasmesso una gran voglia di partire di nuovo!!
20 Febbraio 2018
A me in estate è piaciuta tantissimo, super viva, verde, con il cielo azzurrissimo. E’ stata un vero piacere visitarla 😀 d’inverno come ti eri trovata?