Penso che del viaggio la parte più bella sia il confronto, la scoperta, il sorgere della curiosità, che sia essa meraviglia o straniamento, sentirla pizzicare sottopelle come febbre, un appetito sano di comprensione. Quel sentimento strano e nebuloso che emerge dalla non conoscenza, ma che nell’approccio e nell’avvicinamento trova la sua ricompensa più grande, l’appagamento di una dose di esperienza culturale in più.
Non si potrà dire di aver viaggiato senza aver conosciuto, magari si avrà visto, ma non guardato, magari si avrà sentito, ma non ascoltato. La cultura di un luogo che ci parla attraverso dettagli, nei gesti, nelle persone, non solo dove svettano luminose le attrazioni turistiche, ma negli anfratti della storia e delle tradizioni, opachi e consunti, ma di una fascino che non porterà mai rughe.
E’ la cultura più di tutte, secondo me, a farsi portavoce del viaggio, a lasciare quel ricordo indelebile, quello di cui solo tu sai, che solo tu in quel momento unico e irripetibile, hai provato. Ed è tramite essa che forse, almeno in parte, alla fine del viaggio, si potrà dire: “ho capito”. Esperienze culturali, che dispiegano un Paese, lo arrangiano liscio sotto le nostre dita, ce lo rendono caro e che sono forse il modo migliore di viaggiare, anche e soprattutto in un Paese lontano come il Giappone, che va preso per mano senza stringere troppo.