~ l’importanza di credere nella potenza dei sogni e abbandonare la concretezza delle convenzioni ~
intervistatrice: “Quindi può dire che è il film che si lascia creare da lei?”
Miyazaki: “Sì, si può dire così … il film è un essere vivente”
è questa la frase che più mi è rimasta impressa guardando il documentario dedicato allo Studio Ghibli dal titolo “Il regno dei sogni e della follia“.
E’ quasi come se per Miyazaki ci sia qualcosa di ineluttabile nella creazione dei suoi film, un processo in cui sono i disegni, le immagini, i cartoni, ad arrivare a lui, a concedersi, a permettere di essere plasmati, e solo dopo un lungo processo, svelati al mondo.
Miyazaki, che è un narratore e come tale racconta, trasmette, lascia liberi di esprimersi questi suoi film d’animazione, creature vibranti, piene di magia, nostalgia, dolore, ricolme della bontà ingenua dell’infanzia e al tempo stesso, anche, della crudeltà dell’essere umano.
Sono esseri di matita, colore, carta, schiusi ancora dal lavoro sempre manuale e non digitale, come ormai raramente accade, sono l’amore immenso di una persona per il proprio lavoro.
E io lo avverto, sento tutto ciò, la dedizione, l’ineluttabilità del processo creativo, l’immaginazione incontrollata e incontrollabile, il fluire di storie che hanno bisogno di essere viste e provate, non solo per bambini, ma universalmente.
E’ questo che fa lo Studio Ghibli e lo so, sembrerà banale, ma mi commuove, mentre vedo il documentario, mentre guardo uno dei tanti capolavori di Miyazaki, mentre si dipana il percorso espositivo del Museo.
Un regno di sogni e follia lo hanno chiamato, giustamente, tanto effimero quanto impensabile eppure così incredibilmente capace di porgere al prossimo un momento in cui credere che l’impossibile sia davvero possibile.